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Sei Cento Settantaquattro

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Ho fatto un sogno, un sogno

rugiada, alambicco,  una placentina

sturata bene dal fagottino, sognato

presto, all'oretta -missile che dalla

fonderia del buio ti raffredda

al giorno,  non di lunedì, il mio

sogno tutto uguale al papà mercoledì.

Tu eri in teca come un vishnù, murato

ed occultato, retto nella pancia di

una mansarda mai vista, casa

sconosciuta, e tutta realizzata

in su. Dietro le tue spalle un

bollitore-guscio,  una caldaia,

un porro bianco, ti stava a

pennello, tipo Invicta da lumaca,

equipaggiamento dell'astronauta

nel benedetto dì dell'allunaggio.

Io ti facevo un segno, uno di

quelli sciocchi che si fanno quando

si commette una marachella, un tranellino

ruba biscotti, smorfia aerea nella foto

di fine anno, e tu facevi su o giù,

a seconda del mio nascondino telecomando.

Ti tenevo là, e di riserva, come si tengono

erba cipollina, timo e curcuma, comprate,

erano in lista. Di quelle cose che apri

la bocca al mostro pensile  e ti dici

serena se stanno buone in panchina

ad esalare il loro alito millefiori.

E tu pistone, infiorescenza, venivi

su al mio richiamo per poi sparire

se la situazione era crac.

Ho fatto un sogno, ti tenevo lì, non

pronto all'uso , di proprietà.

Ma tu non sei se non dei sogni,

dei morticini che non hanno nome,

solo parvenza e son vestiti da

postini, da corridori,

da fresie, o da aquiloni.

 Emilia Filocamo - 03/02/2014 14:05:00 [ leggi altri commenti di Emilia Filocamo » ]

Caro Nando, grazie mille, il tuo commento mi ha resa felice e spero, nel mio piccolo, di non deludere mai te e chi mi legge con tanta attenzione ed affetto, un abbraccio

 Ferdinando Battaglia - 01/02/2014 18:34:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Un linguaggio che m’incanta, indiscutibilmente; una mano ferma, una chiarezza mentale, direi quasi una "freddezza" nel dire che fa tremare. Narrazione poetica densa e attraente, non ci si stanca e non ci si annoia; anzi: si aspetta la prossima.

Ciao Emilia

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